
Treviso. È ancora un fenomeno di nicchia ma questo non impedisce a chi ci crede veramente di vedere il bicchiere mezzo pieno. In tempi di pandemia, le cui catastrofiche conseguenze economiche ed occupazionali sono sotto gli occhi di tutti, non è cosa da poco il coraggio dei dipendenti che decidono di investire la propria indennità di disoccupazione, e magari anche i propri risparmi, per salvare dal fallimento la propria azienda del manifatturiero dove lavorano.
Alla crisi immobiliare della fine del primo decennio del secolo che scatenò un negativo effetto domino su larga scala, di cui ancora oggi si subiscono i devastanti effetti, dall’anno scorso si sono accumulate nel Veneto e nella nostra provincia molteplici altre crisi aziendali delle quali non si vede tuttora la soluzione. Presto o tardi il blocco dei licenziamenti non ci sarà più ed i suoi temporanei effetti positivi non impediranno la materializzazione di veri e propri drammi sociali.
Visto le grigie prospettive future di uno stato di disoccupazione di lunga durata, insieme anche alla età anagrafica avanzata per niente incoraggiante per un’eventuale nuova assunzione, chi ha ancora un lavoro ha deciso di reagire e, con coraggio, ha scelto di affrontare il problema prima che l’irreparabile si sia compiuto.
Operai di piccole aziende che danno occupazione ad un piccolo numero di dipendenti hanno deciso di organizzarsi e sfruttando una norma dello Stato, la Legge Marcora del 1985, hanno deciso di assumersi la responsabilità della gestione di impresa dell’azienda dove lavorano al fine di costituirsi in cooperativa per poter salvare l’azienda dal fallimento e, quindi, il proprio posto di lavoro.
I problemi certo non mancano. Tra le banche che in questi anni di persistenti tribolazioni economico-finanziarie fanno molta, troppa fatica ad allentare i cordoni della borsa per andare in soccorso delle aziende in difficoltà o a chi desidera comunque investire in un nuovo progetto imprenditoriale, tra la non semplice gestione di una azienda che non si può imparare in breve tempo, le difficoltà sono sempre all’ordine del giorno.
Per questo la Legacoop non si è tirata indietro ed ha deciso di offrire tutto l’aiuto possibile per sostenere queste iniziative e non fare mancare a chi ha intrapreso questo percorso ad ostacoli il proprio supporto tecnico-giuridico e di consulenza aziendale per la piena riuscita del progetto imprenditoriale. Nel Veneto sono però ancora pochi i salvataggi di aziende sull’orlo del baratro attraverso la loro trasformazione in cooperative. Due a Padova, due a Vicenza, due a Venezia, nessuna a Treviso.
Nel Veneto non è certo mai mancata una tradizione cooperativistica nei settori del sociale ed in quello agricolo ma, ad oggi, non vi è alcuna traccia in quello manifatturiero. Forse, vista la difficilissima situazione attuale che non promette nulla di buono per il futuro, è giunto il momento di ampliare il numero dei settori nei quali sfruttare questa alternativa. Per il salvataggio delle aziende in crisi, per la tutela del lavoro degli operai e, non meno importante, per il mantenimento del decoro economico delle loro famiglie.

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